Opinioni | 09 Novembre 2015 | Autore: Elena Bove

Scena quinta, atto primo: l'avvocato del diavolo

Quando gli avvocati non riescono a tutelare se stessi il rischio è quella di una debacle del sistema.

 

Una giovane praticante avvocato in un grande studio legale. Come Alice nel paese delle meraviglie: sguardo pieno di sorpresa, stupore e smarrimento nel constatare quanta distanza ci fosse tra il dettato codicistico e la dura realtà.

Tra i primi contenziosi ci sono stati quelli di una nota compagnia di Assicurazioni, di cui ora non v’è più traccia (fusa, incorporata e divorata). La gestione dei sinistri non aveva nulla di differente rispetto alla gestione di tutte le altre problematiche contenute nei tanti fascicoli presenti nello studio. Nessun assillo particolare, nessun timore reverenziale, nessun programma telematico e nessun dictat della “mandante”. Era il 2000. Superato l’impatto frontale con le storture “giuridichesi” già pochi anni dopo m’è parso doveroso interrogarmi su ulteriori contraddizioni che gravavano sulla mia amata professione.

Il XXVIII° Congresso Nazionale Forense "Mozione politica generale" mi era sembrato un ottimo spunto di riflessione. Sulla scia del progetto di direttiva comunitaria Bolkestein per la liberalizzazione del mercato dei servizi in Europa, si imponeva una importante decisione. L’interrogativo posto dall’allora Presidente dell’Ordine degli avvocati di Roma Alessandro Cassini era se gli avvocati italiani devono restare liberi professionisti o trasformarsi in imprenditori. La preoccupazione era notevole. La regolamentazione della pratica forense e del successivo esame di abilitazione dovevano costituire obiettivi di primaria importanza. Come poteva un paese comunitario conservare tutta una serie di limitazioni falsamente meritocratiche quando già in Spagna, un “collega” dottore in legge poteva esercitare immediatamente la professione senza limitazioni di sorta? Questa disparità inaccettabile aveva portato gli studenti universitari a subissare le Università di Madrid e Barcellona di richieste per fuggire dal “panico da esame di abilitazione”.

Quale concorrenza è mai questa? Una nota: tra le mozioni approvate in occasione del Congresso vi era quella sull’ordinamento professionale nella quale si chiedeva una riforma delle professioni che consentisse di:"riconoscere che l’avvocato è un libero professionista, il quale nel rispetto delle leggi e delle norme deontologiche opera in piena libertà, autonomia e indipendenza, garantendo la tutela dei diritti individuali e degli interessi dei cittadini. All’avvocato competono la rappresentanza, l’assistenza e la difesa del cittadino, in tutte le sedi giurisdizionali, anche non pubbliche, nonché le attività di assistenza e di consulenza professionali.”

Era il 2005. XXXII Congresso Nazionale Forense: Oltre il mercato. La Nuova Avvocatura per la società del cambiamento. Il Presidente del CNF Guido Alpa: La relazione ha passato in rassegna tutte le vicende che hanno contrassegnato l’evolversi della professione di avvocato negli ultimi dieci anni e le collegate attività istituzionali del Consiglio. Dieci anni che hanno ridefinito ruoli e funzioni dell’avvocato; a fare da perno del cambiamento la riforma della professione (legge 247/2012), la cui attuazione ha sottolineato Alpa - “ci auguriamo termini entro l’anno”. La riforma proietta l’Avvocatura nel futuro attribuendole nuovi ruoli, sottolineandone la qualità di professione intellettuale, che può giovarsi di organizzazione societaria di studi ma rimane lontana dalla “imprenditorialità”. Una distinzione questa che “costituisce un baluardo, una forma di difesa del singolo, della categoria, dei clienti, ad evitare conflitti d’interessi e commistioni di ruoli, sottolineandone l’indipendenza e i contenuti etici”.

A conclusione della relazione del presidente, il vicepresidente Perfetti ha ricordato la sentenza della Corte Costituzionale che tre giorni fa ha sottolineato la diversità delle figure di imprenditore e di lavoratore autonomo, stabilendo la illegittimità delle presunzioni fiscali applicate alla seconda. Era il 2014, dunque, dieci anni dopo l’avvocato è ancora sul ciglio del burrone e rischia di trasformarsi in imprenditore. 2015, un anno dopo: IX Conferenza Nazionale dell’avvocatura.
PER UN NUOVO GOVERNO DELLA GIUSTIZIA. Avvocati, cittadini e imprese: un'alleanza per il rilancio dell'Italia. Il programma si apre con una interessante voce: “Essere avvocati in Europa.”. Leggeremo a breve dei risultati.

Stop all’exursus, torniamo al principio: l’avvocato fiduciario. E’ il salvatore della patria, quello che interviene nelle operazioni a cuore aperto difensore incontenibile delle compagnie assicurative pronto a vender cara la pelle ad utilizzare qualsivoglia eccezioni preliminare e di merito pur di sollevare la mandante dall’obbligo risarcitorio. Caspita! Manuali con ben più ampi spazi hanno esaminato il rapporto che si instaura tra una compagnia assicuratrice ed un avvocato. In campo processuale, poi, è stato persino qualificato come rapporto di parasubordinazione , ex art. 409, comma 3, c.p.c. quello tra un avvocato ed una società di assicurazione, protrattosi per vari anni consecutivi, continuativamente. Sussiste la natura para-subordinata del rapporto di lavoro tra il professionista legale e la compagnia assicurativa che rappresenta, assiste e difende in giudizio se sono soddisfatti i tre requisiti formali e sostanziali: a) la “continuità”; b) la “coordinazione”; c) la “personalità”. (Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 26856/13; depositata il 29 novembre).

Ora, ripensando alle tante e recenti “strette normative” sulla professione l’affaire fiduciario pare un’inezia. Ma, il cambiamento, ahimè, nei fili che regolano questo rapporto professionale c’è stato e richiede, necessariamente un intervento. L'avvocato rischia seriamente di rimanere strangolato dallo strapotere assicurativo che tutto può e tutto ottiene. E’ un rapporto che si fa davvero sempre più stringente, con invio telematico di precisissime indicazioni sui documenti da produrre, sulle eccezioni da formulare, sugli spazi di trattativa, sui margini di intervento e sui compensi. Infatti, un avvocato che sia in rapporto con un’impresa non avrà alcun interesse a presentare parcelle esagerate, pena l’esclusione da ulteriori incarichi (impegnandosi, magari, a richiedere sempre e soltanto i minimi tariffari (L’assicurazione di tutela legale e di assistenza di benedetto Farsaci). Dunque, oggi che Alice non dovrei più essere io ancora mi stupisco. Spalanco gli occhi quando sento un fiduciario rispondermi "facciamo solo quello che ci dice la mandante". Salto dalla sedia quando leggo atti nei quali si solleva l'insollevabile. Insomma e' un quadro iperrealista che ritrae un paradosso: difensori che non riescono a tutelare se stessi.

E' una professione in piena autocombustione che scivola pericolosamente su un piano sempre più inclinato. Sono consapevole che l’operazione nostalgia rischia di annoiare e fa tanto vintage ma uno sguardo al passato, spesso, è necessario, fosse solo per comprendere quanto siamo immobili e quanto alto sia il rischio di restare paralizzati nell’attesa di Godot.


Elena Bove
Professionista – Avvocato
Di Benevento
Elena Bove è avvocato di Benevento e giornalista pubblicista. Esercita la professione forense prevalentemente in controversie a tutela del cittadino nella circolazione stradale e nella responsabilità civile oltre che nella tutela del diritto dei consumatori.

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