Approfondimenti | 12 Ottobre 2023 | Autore: Tommaso Caravani

​Cos’è il mercato parallelo e perché c’entra la sicurezza

Un approfondimento sul mercato parallelo: quali i rischi e le implicazioni per il servizio post-vendita; facciamo un po’ di chiarezza.


Gli anglosassoni lo chiamano “grey market” o mercato grigio, in Italia si chiama mercato parallelo, ma in realtà questa definizione è piuttosto ampia: parallelo può essere il mercato dei prodotti contraffatti (totalmente illegali sotto ogni punto di vista), parallelo può essere il mercato dei prodotti rubati (alla stessa stregua dei primi) e parallelo può essere il mercato dei prodotti acquistati su altri mercati e venduti nel nostro paese (qui il tema è più complesso ed esiste una normativa specifica della Commissione Europea che stabilisce i limiti e le possibilità di queste operazioni).

I primi due esempi rappresentano un rischio importante per l’attività di impresa, perché acquistare e vendere (ma anche solo acquistare) prodotti di cui non è possibile tracciare la provenienza espone l’imprenditore al reato di riciclaggio con pene pesanti (sia amministrative che penali) in funzione del tipo infrazione (per dire, l’acquirente rischia un po’ meno, il venditore un po’ di più, ma in ogni caso siamo in ambito penale quando si tratta di operatori professionali, mentre per il cittadino è prevista solo una sanzione amministrativa comunque importante).

Per quanto riguarda l’importazione parallela, invece, il discorso è più complesso

Concorrenza e accordi verticali

Premesso che la Comunità Europea stabilisce che non possano esserci limiti nella circolazione e nella vendita di beni all’interno dell’Unione come linea di principio, nel 2010 è stata introdotta una regola di esenzione (in inglese Block Exemption Regulation o abbreviato B.E.R.), norma poi aggiornata nel 2022, che permette degli accordi verticali all’interno di una filiera distributiva.

Il Regolamento 2022/720 stabilisce infatti che, in alcuni casi, i venditori di un bene possono imporre una serie di limiti alla vendita dei propri beni; in questi casi, quindi, la libertà di circolazione dei beni può essere limitata. Qui è magari bene spiegare che un regolamento è da subito valido in tutti i paesi membri della Comunità Europea, a differenza delle direttive, per cui ogni stato deve varare una propria legge.

I due casi più classici di accordo verticale sono quelli della distribuzione “selettiva” ed “esclusiva”: nel primo, il “fornitore si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori selezionati sulla base di criteri specificati e nel quale questi distributori si impegnano a non vendere tali beni o servizi a rivenditori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema” (art.1 par.1g).

Nel secondo “il fornitore assegna un territorio o un gruppo di clienti esclusivamente a se stesso o a un massimo di cinque acquirenti e impone restrizioni che impediscono a tutti gli altri acquirenti di vendere attivamente nel territorio esclusivo o al gruppo di clienti esclusivo (art.1 par.1h)”.
Il Regolamento prevede che questo tipo di accordi sia possibile se sussistono una serie di condizioni, come la mancanza di accordi verticali, il rispetto di specifiche quote di mercato o la non imposizione dei prezzi, oltre a tutta una serie di eccezioni su cui non entreremo nello specifico (per chi fosse interessato trova qui la legge).

In generale, la filosofia di questo Regolamento è che gli accordi verticali portano più vantaggi che svantaggi per il consumatore e la sua sicurezza. Un esempio è rappresentato da tutti quei beni il cui utilizzo richiede delle informazioni tecniche specifiche, oltre che un supporto.
In questo quadro dovrebbe essere impossibile trovare il prodotto del fornitore al di fuori della sua rete distributiva, ma non sempre è così. Cerchiamo di capire perché e i rischi connessi. 

I rischi del parallelo

Nonostante quindi un fornitore possa “blindare” la sua distribuzione, è piuttosto comune trovare anche prodotti di “importazione parallela”. Questo succede perché, solitamente, uno dei distributori selettivi, scelti dal fornitori, di fatto decide di violare i propri accordi con il fornitore e vende i propri prodotti ad altri distributori.
Per via di un costo della vita differente tra i diversi stati membri dell’Unione, un prodotto caro in un paese può risultare economico in un altro ed ecco che il prodotto “valica” i confini (sempre rimanendo all’interno della Comunità Europea, perché le regole extracomunitarie sono molto più complesse).

In questo caso il fornitore può disdettare e intraprendere un’azione legale nei confronti del suo cliente, ma non nei confronti dell’acquirente finale che, se ha acquistato in maniera regolare i prodotti, non è perseguibile.
Il problema di questo mercato, che gli inglesi non a caso chiamano “grigio” è che spesso questi prodotti sono venduti in maniera illegale e questo rappresenta un grosso rischio per l’impresa. Se il cliente acquista senza fattura, commette in primo luogo un illecito; ma quello che rischia è assai più grave, perché se il prodotto non è tracciato, può facilmente ricadere nel reato di ricettazione qualora il prodotto risultasse contraffatto o rubato.

Dovrebbe essere una banalità, ma avere una fattura di acquisto è una garanzia in primo luogo per chi acquista. Certo, acquistare da un fornitore “sconosciuto” non elimina il problema della ricettazione, né quello di incappare in qualche reato fiscale dovuto a giri di fatture avvenute anche a monte, ma poter dimostrare la buona fede è sicuramente utile avere un documento fiscale da mostrare in caso di contestazione.
Tutto questo senza contare che acquistare un prodotto di un brand noto, al di fuori del canale distributivo ufficiale, preclude l’accesso a tutti i servizi di assistenza del brand che il fornitore dà ai propri clienti, il cui valore è spesso affogato nel prezzo del prodotto stesso. 

Perché il fenomeno è importante e da non sottovalutare per l’automotive

Arrivando finalmente al nostro settore, quello dell’automotive aftermarket, è evidente che per tutta l’industria il problema del parallelo sia un danno per il settore, perché molto spesso, che si tratti di un ricambio o di un consumabile, le informazioni necessarie al montaggio o all’utilizzo e la garanzia dipendono dall’installatore o dall’utilizzatore.
Affidarsi a una filiera certa aiuta il riparatore a risalire alle responsabilità per un difetto di produzione (che è anche una sua tutela) e il rispetto delle specifiche tecniche permette di effettuare riparazioni corrette oltre che efficienti in termini di produttività, con particolare sensibilità sui prodotti che coinvolgono la sicurezza.

Eppure il mercato parallelo esiste e non si può far finta che non ci sia. Tra l’altro, per un autoriparatore, può anche essere complesso sapere se un determinato prodotto sia in un regime di distribuzione selettiva o meno e dunque per avere la certezza sull’acquisto è sempre bene rivolgersi a un distributore ufficiale.
Anche il web ha le sue responsabilità; spesso è possibile trovare ogni genere di prodotto, con tanto di tracciabilità e garanzia (nel caso degli operatori più importanti), a volte invece senza nessuna garanzia.

Se la leva commerciale è solo il prezzo, si possono cercare fornitori anche nei luoghi più remoti, ma sempre che ci si accerti che non ci siano illeciti, “ognuno è padrone a casa propria”, ma bisognerebbe sempre mettere nei conti finali il rischio di una possibile difettosità del prodotto acquistato, l’errata identificazione, e la garanzia di 24 mesi verso i consumatori che non sarebbe garantita facilmente.
Ciascuno è ovviamente libero di decidere se, in casa sua, il gioco vale la candela.

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