Opinioni | 28 Luglio 2021 | Autore: Tommaso Caravani

La verità, vi prego, sul “Green Deal”
Negli ultimi tempi uno degli argomenti che ha appassionato maggiormente il mondo dell’auto è stata la presentazione di quello che la Comunità Europea ha chiamato “Green Deal”, ovvero un insieme di proposte per contrastare il riscaldamento climatico attraverso la riduzione dei gas serra.

Un argomento complesso, che ha a che fare con le emissioni di CO2, ma anche con gli equilibri internazionali, tenendo presente che l’Europa rappresenta solamente il 10% delle emissioni globali di gas serra e ha già notevolmente ridotto l’impatto dell’attività umana sul riscaldamento del pianeta.
La polemica maggiore, però, riguarda un passaggio in cui, spesso per semplificazione giornalistica, si fa riferimento a una riduzione ulteriore delle emissioni del 55% entro il 2030 e la sparizione delle auto a combustione interna entro il 2050.
Se così fosse, dunque, l’attuale industria dell’auto europea sarebbe condannata a una grossa crisi, ma per fortuna non tutti a Bruxelles sono impazziti e il discorso è più articolato.

Per capirlo, in primo luogo bisogna avere chiaro il concetto di “impronta di C02”. Per semplificare si può dire che ogni attività umana produce CO2, ma la vegetazione, attraverso quella fotosintesi che abbiamo studiato a scuola, permette la trasformazione di questo gas (che non rappresenta una minaccia diretta, ma un elemento necessario per la vita sulla terra) in ossigeno (anch’esso necessario per la nostra esistenza). Se la CO2 prodotta è troppa rispetto a quanta ne possono trasformare le piante, l’eccesso si accumula nella parte alta dell’atmosfera, creando di fatto il famoso “effetto serra”, che è causa di gran parte dei cambiamenti climatici (anche se sul “quanto” sia causa si dibatte ancora).

Il principio base dell’attività della Comunità Europea è che ognuno sia obbligato a misurare quanta CO2 produce (cioè che impronta ha ogni attività) e fare in modo che questa produzione possa essere compensata dalla natura.
Lo strumento individuato è quella dei “crediti di CO2”. Ancora semplificando: se io ho un bosco, che permette di bonificare qualche tonnellata di emissioni di anidride carbonica, potrei vendere i miei crediti a chi, per la propria produzione, genera CO2, azzerando il suo contributo all'ambiente.

Ecco, nel 2050 le auto dovrebbero essere “climate neutral”, quindi emettere poche emissioni (zero sarebbe impossibile dato che anche produrre elettricità creerà CO2) e compensare le emissioni con crediti di CO2, che è un po’ diverso dal dire “addio a benzina e Diesel dal 2050”.

Photogallery