Approfondimenti | 08 Settembre 2023 | Autore: Tommaso Caravani

Solera: il mondo dell’autoriparazione deve essere sostenibile

Dai rapporti con il mondo assicurativo al cambiamento climatico. Ecco quali saranno le sfide e le opportunità del mondo dell’autoriparazione secondo Arnaud Agostini, amministratore delegato EMEA di Solera.


Arnaud Agostini è un manager che conosce bene il mondo dell’auto. Con un passato nel settore delle flotte, è entrato nel gruppo Solera (software house multinazionale con numerose soluzioni per il mondo dell’autoriparazione) come direttore commerciale, divenendo dapprima amministratore delegato della filiale francese, per poi passare alla responsabilità dei paesi EMEA fino a quattro anni fa, da quando è diventato il referente per tutte le operazioni internazionali del gruppo al di fuori degli Stati Uniti.

Lo abbiamo incontrato a Milano per affrontare alcune delle tematiche più stringenti del mondo dell’autoriparazione, con un punto di vista di chi è sicuramente legato al business ma che, grazie alla natura di “servizio” del software, può avere uno sguardo meno legato a logiche di parte.

Dalle informazioni tecniche alle banche dati, ai gestionali per il mondo dell’autoriparazione fino alle soluzioni per la gestione degli eventi per assicurazioni e flotte, infatti, Solera è un operatore a tutto tondo in grado di dialogare con tutti gli operatori della filiera.
 
Iniziamo dal business, dopo gli anni della pandemia e con una guerra in corso, come va il business dell’autoriparazione?
In generale il mercato si è piuttosto ripreso, ma preferisco non parlare di come vanno gli altri. Quello che posso dire dal nostro punto di vista è che oggi in Europa cresciamo velocemente, così come in altri mercati, per esempio il Messico e l’Australia.
 
Dal vostro punto di vista quale sarà la sfida maggiore per il settore dell’autoriparazione nei prossimi anni?
Credo che la prima sfida che questo mondo dovrà affrontare sarà quella dell’ecologia, perché indipendentemente dal settore è qualcosa che impatta su tutti noi. Noi come Solera, circa sette anni fa, abbiamo iniziato un importante percorso per ridurre nell’ambiente l’impatto dell’anidride carbonica dovuto alla nostra attività. Contemporaneamente lavoriamo in sinergia con tutta la filiera per raggiungere questo obiettivo.

Nel 2016, infatti, abbiamo varato una strategia che ci porterà alla “net neutrality”, ma se la nostra azienda fa la sua parte siamo convinti che la digitalizzazione consenta sia una riduzione dei consumi di carta sia degli spostamenti, quindi lavoriamo costantemente per inventare soluzioni che permettano a tutta la filiera di abbattere le emissioni.
 
Può farci un esempio concreto?
Per esempio possiamo pensare al mondo peritale, dove la perizia viene fatta da sempre in presenza. Questo significa che per ogni auto incidentata un perito deve fisicamente spostarsi nel luogo dove l’auto è ricoverata. Ovviamente per farlo dovrà spostarsi più volte e questo incide pesantemente sulla CO2 emessa nell’ambiente. È un piccolo esempio, ma se lo si moltiplica per il numero di incidenti che richiedono una perizia in Europa ogni giorno, si tratta di un risparmio notevole.

Oggi, con la perizia fotografica, aiutata dall’intelligenza artificiale, possiamo sicuramente ridurre drasticamente questi spostamenti. Non vorrei però essere frainteso con questa affermazione. Ho detto che possiamo aiutare i periti, non sostituirli. Siamo perfettamente consapevoli che gli strumenti possono essere utili, ma sono le persone a fare la differenza.
Per fare un altro esempio, possiamo parlare delle strutture riparative. Oggi con i nostri strumenti siamo in grado di calcolare il consumo di CO2 di una carrozzeria. Grazie a un importante lavoro svolto dai nostri tecnici abbiamo associato addirittura l’impronta di anidride carbonica che ogni pezzo di ricambio si porta dietro, dalla sua produzione al montaggio.

Inoltre, grazie alla collaborazione con le case di vernici, sappiamo quanta CO2 ci vuole nel processo di verniciatura e oggi stiamo dialogando con i produttori di cabine di verniciatura per avere anche i dati relativi all’impatto di ogni lavorazione.
In sostanza, possiamo aiutare un riparatore a sapere in tempo reale quanta CO2 emette la sua attività tenendo conto di tutti i processi: dal ricambio alla verniciatura fino al lavoro.
 
Ha citato l’intelligenza artificiale, un tema che riguarda molto da vicino il mondo dell’autoriparazione e non solo perché si pensa porterà via molte professionalità, qual è la sua opinione a riguardo?
Credo che, almeno nel mondo dell’autoriparazione, si tratti di una paura lecita, ma che stride con la realtà. Oggi il primo problema di molti operatori in questo settore non è la mancanza di lavoro, ma la mancanza di manodopera. Oggi con l’intelligenza artificiale possiamo ridurre i tempi in molti processi: dalla stima dei danni fino alla riparazione vera e propria.

Io credo che per un settore come quello della riparazione automotive, l’intelligenza artificiale permetterà di migliorare molti aspetti, rendendo paradossalmente di nuovo attrattivo anche per le nuove generazioni questo tipo di impiego. Per questo vedo positivamente l’ingresso di queste tecnologie. Poi certamente non sappiamo ancora come questo strumento impatterà in altri settori, ma restando nel nostro penso che i vantaggi superino notevolmente gli svantaggi.
 
Eppure è un fatto che le prime aziende ad abbracciare l’intelligenza artificiale per i propri processi siano state le compagnie di assicurazione, che hanno come obiettivo quello di comprimere i costi. Come vede il futuro dei rapporti tra autoriparatori e compagnie?
Le compagnie di assicurazione, a fronte di alcuni risparmi nel mondo auto, durante la pandemia hanno dovuto affrontare costi enormi: è normale che guardino al risparmio in questa fase.
Tuttavia, in quanto industria, bisogna trovare il giusto bilanciamento: le assicurazioni devono garantire la sostenibilità delle carrozzerie, perché sono un pilastro fondante del proprio servizio. Non ci sono altre soluzioni: bisogna fare in modo che tutti i soggetti siano sostenibili e anche le assicurazioni devono tenerne conto.
 
Entrando nel merito del nostro paese, l’Italia è, da sempre, un paese leggermente differente dal resto del mondo nella gestione dei sinistri. Per esempio abbiamo un metodo di calcolo solo italiano per la stima dei danni e le riparazioni, mentre nel resto del mondo si utilizza il tempo fornito dalla casa madre e adattato, pensa che l’Italia si allineerà?
È vero, oggi in Italia c’è un sistema differente, che è un unico. Però è un metodo che funziona e il mercato è allineato su questo punto. Noi preferiamo concentrarci sul processo piuttosto che sul calcolo del tempo, anche perché molte cose stanno cambiando: oggi, per esempio, le informazioni tecniche sono molto più importanti del tempo stimato, perché senza le informazioni corrette il tempo diventa incontrollabile.

Penso che sempre più si andrà verso una stima a consuntivo. Anche le assicurazioni stanno cambiando i loro processi, in particolare per il calcolo della stima dei danni, che sempre più spesso viene esternalizzata a network esterni.
A questo proposito l’Italia sta rapidamente strutturandosi in maniera nuova. Negli ultimi anni sono nati e crescono molti network di autoriparazione. Un fenomeno ben noto nel resto d’Europa, ma che in Italia non era mai decollato. Questi network hanno come obiettivo l’ottimizzazione dei processi riparativi per poter offrire il miglior servizio al miglior prezzo e soprattutto sono già indirizzati a ragionare in investimenti tecnologici.

Ovviamente si tratta di un percorso complesso, perché per realizzare strutture importanti serve forza finanziaria, ma credo che la finanza si sia accorta anche di questa opportunità in Italia.
 
Eppure le informazioni tecniche, che secondo lei permetteranno di recuperare marginalità alle strutture riparative, sono al centro di numerose polemiche, specialmente perché le case automobilistiche tendono a blindare queste informazioni ai propri network, come se ne esce?
Come Solera siamo proprietari di alcune delle più importanti banche dati per la riparazione basate su dati delle case automobilistiche nel mondo. In Europa, per esempio possediamo Autodata, che credo non abbia bisogno di essere presentata.

Lavoriamo a stretto contatto con i maggiori produttori di auto e credo che istituzionalmente, alla fine, si troverà un modo per semplificare l’accesso ai dati, almeno per i produttori europei.
La sfida semmai è un’altra: i nuovi car maker. Non è un mistero che sul mercato europeo si stiano affacciando nuovi produttori di veicoli, penso soprattutto a quelli asiatici. Vetture su cui spesso è davvero difficile poter mettere le mani in ambito riparativo, non ultimo perché la maggior parte di questi mezzi è elettrico. Quindi alla complessità di una tecnologia nuova, come la propulsione elettrica, si sommano sistemi non concepiti in Europa.

Noi ci stiamo concentrando proprio su questo aspetto, per esempio raccogliendo le informazioni da questi produttori per dare poi le corrette informazioni al riparatore. Possiamo farlo perché siamo una multinazionale presente in quasi ogni paese e oggi abbiamo tempi di risposta su un nuovo veicolo veramente brevi.
Poi ovviamente torniamo al discorso del mercato: è indubbio che lavorare su un circolante sempre più variegato in termini di produttori e tecnologie richiederà un grande sforzo per la filiera. Saranno necessari investimenti importanti in termini di aggiornamento e formazione, noi siamo qui per offrire soluzioni che limitino al massimo l’impatto sulle strutture, ma è evidente che questo impatto comunque ci sarà.

 
Nella foto di apertura
Arnaud Agostini, amministratore delegato EMEA di Solera.

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