Nata nel 2019 con la mission di servire flotte e assicurazioni, oggi l’azienda si pone come un unico interlocutore per la gestione di più servizi, con un obiettivo: migliorare i processi all’interno della filiera, perché tutta l’assistenza automotive ha bisogno di industrializzarsi.
La prima sede è stata all’interno di co-working, in tre anni CSM 360 (acronimo di Car Service Management a 360 gradi) ha una propria sede a Roma, oltre 30 dipendenti e gestisce oltre 20.000 “eventi” per conto di flotte e noleggi.
Una crescita importante, che passa in primo luogo da un attivo controllo dei processi e un uso esteso della tecnologia. Abbiamo incontrato Simone Guidi, direttore generale di CSM 360, e Andrea Pellegrini, responsabile degli sviluppi informatici (o ICT manager) dell’azienda, per capire cosa sta cambiando nel mondo dell’autoriparazione dal punto di vista di chi gestisce perlopiù parchi auto di vetture nuove o quasi.
Iniziamo dal basso: oggi cosa manca nel mondo dell’autoriparazione?
Simone Guidi: Stiamo notando una sempre maggior richiesta di certezze da parte dei nostri clienti, che sono perlopiù flotte. La rete autoriparativa italiana deve e dovrà sempre più essere in grado di garantire tali certezze: dal rispetto dei preventivi a quello delle tempistiche. Oggi siamo ancora lontani dal poter dire che il tessuto riparativo italiano possa offrire la stessa omogeneità nel rispetto di queste richieste; quello che ancora manca è probabilmente un passaggio mentale da parte delle strutture proprio in ottica imprenditoriale.
A cosa è dovuto, secondo voi, questo mancato passaggio da imprese artigiane a industriali?
Simone Guidi: Perlopiù credo ci sia una mancata condivisione strategica da parte delle imprese del settore. Oggi il canalizzato, cioè le vetture che vengono gestite da un’attività come la nostra, genera un numero di passaggi presso una struttura riparativa di qualunque tipo che mediamente è tre o quattro volte superiore a quello delle vetture di un privato. Questo perché c’è un controllo maggiore delle scadenze e delle attività che vanno svolte su una vettura, oltre al fatto che un driver è generalmente meno attento del proprietario di un mezzo al suo stato d’uso.
Inoltre, il peso della canalizzazione sta aumentando: basti pensare a ciò che sta accadendo nel mondo della carrozzeria, dove oggi un’auto su due, cioè il 50% delle vetture che entrano in una struttura, sono inviate lì da qualcuno, quindi canalizzate.
Eppure tutti i riparatori lamentano condizioni poco favorevoli per le strutture quando si tratta di lavorare sul canalizzato, cosa non funziona nel modello?
Simone Guidi: Sicuramente c’è un’enorme difficoltà nel valorizzare il lavoro delle strutture. Spesso il problema è legato alla gestione in senso stretto dei parchi veicoli: non tutte le realtà sono in grado di analizzare il reale costo di un evento riparativo, specie quando si considerano tutti i costi: dall’auto sostitutiva, quindi l’impatto reale di un fermo tecnico, fino all’approvvigionamento dei ricambi e il tempo perso nel gestire un network di strutture.
Alcune realtà stanno iniziando a considerare che probabilmente gestire una rete di qualche migliaio di strutture internamente non è conveniente, quindi realtà come la nostra hanno delle nuove opportunità.
Inoltre anche le strutture di autoriparazione stanno cambiando: oggi sono sempre meno quelli che accettano condizioni antieconomiche per la propria attività, oltre al fatto che l’arma delle penali è ormai quasi spuntata; non è così semplice che un’azienda accetti contratti che prevedano penali in un momento di incertezza come quello attuale.
Tuttavia il mondo della canalizzazione, sia nel mondo carrozzeria ma anche nella meccanica, ha visto, negli ultimi anni, fiorire molte realtà come la vostra: cosa sta cambiando nel settore?
Simone Guidi: Sicuramente, come dicevo, sta aumentando la pressione dei clienti flotte, ma anche di quelli assicurativi, che guardano a dei service provider in grado di gestire per loro conto gli eventi legati alla manutenzione e riparazione del mezzo. Detto questo, l’offerta si sta adeguando, anche se vedo molte storture in questo momento, come ad esempio progetti privi di contenuti e contratti che prevedono delle esclusive. Per gli autoriparatori si apre una nuova fase: se fino a ieri affiliarsi a un network era un’attività che poteva essere presa alla leggera, oggi è necessario stare attenti a cosa si firma.
Uno dei problemi per chi lavora con i canalizzatori è la burocrazia: ogni flotta o service provider ha i suoi sistemi informatici e i suoi portali, attività che portano via tempo al lavoro reale, rendendo ancora meno affascinante questo tipo di attività; voi avete puntato molto sull’informatizzazione, a cosa hanno portato questi investimenti?
Simone Guidi: Noi abbiamo investito moltissimo in questo tipo di attività, al punto che oggi potremmo considerare CSM 360 quasi una società informatica. Il nostro obiettivo è quello di liberare le strutture proprio dalla burocrazia, ma non sempre questo è possibile. Quello che posso dire è che oggi molti dei nostri clienti hanno accettato la nostra sfida, cioè quella di guardare al valore totale di un evento e non alle singole attività.
Questo ci ha dato più spazio sia per la remunerazione delle strutture, ma soprattutto nella gestione delle pratiche. Oggi gestiamo molte attività internamente per scaricare le strutture proprio dal lavoro d’ufficio: dall'apertura di una pratica alla verifica della congruità delle date fino alla chiusura e alla fatturazione.
Andrea Pellegrini: Uno dei problemi, che riguarda tutte le multinazionali, è che sempre più queste realtà lavorano con sistemi informatici centralizzati, che si trovano spesso all’estero e non capiscono le difficoltà locali. Il nostro lavoro è quello di interloquire con queste realtà e ottenere delle deroghe e degli automatismi che magari sono specifici del nostro mercato.
Non è facile, ma già con alcune flotte abbiamo creato dei sistemi di comunicazione che semplificano di molto il lavoro quotidiano delle strutture. Il nostro obiettivo è quello di riuscire a integrare tutto il lavoro su un solo portale che permetta l’accesso centralizzato anche a quello dei vari clienti. Non è un obiettivo banale, perché bisogna fornire garanzie di sicurezza dei sistemi che sono di complessa realizzazione. Tuttavia il nostro focus è stato questo fin dall’inizio e oggi abbiamo ottenuto già notevoli risultati, benché siamo ancora lontani dai nostri obiettivi, anche perché spesso i limiti non sono solamente informatici.
Una delle conseguenze dell’informatizzazione è il controllo dei processi; oggi che tipo di dati analizzate?
Andrea Pellegrini: Abbiamo dashboard che ci consentono in tempo reale di tracciare ogni singolo evento, il suo stato, eventuali problematiche, eccetera. Ovviamente poi abbiamo la possibilità di analizzare i dati aggregati, trovando le criticità dei vari passaggi.
Per esempio oggi assistiamo a un netto ritardo (del 55% rispetto a un anno fa) nella consegna dei ricambi, perché la loro reperibilità è sempre più difficoltosa. Ma anche in questo caso possiamo dire che, dai dati che abbiamo, risultiamo ancora molto efficienti nella gestione globale dell’evento. Quello che si è perso nell’approvvigionamento cerchiamo di recuperarlo migliorando gli altri processi; non si può recuperare tutto, ma sul mercato crediamo ancora di essere un punto di riferimento e la nostra crescita lo dimostra: solo nell’ultimo anno siamo cresciuti del 100% e nel prossimo anno prevediamo ancora una crescita importante.
Dal punto di vista di una flotta, invece, che vantaggi portate?
Simone Guidi: Sono affezionato a un paragone: noi siamo quello che nell’edilizia è un “general contractor”, ma in ambito automotive. Di fatto siamo l’ufficio flotte esternalizzato di un'azienda: sappiamo come migliorare i processi e i modelli perché questo è il nostro mestiere; inoltre creiamo degli ecosistemi di fornitura che possono andare incontro a ogni tipo di esigenza.
Nel mondo dell’autoriparazione, ad esempio, si pensa spesso che l’attività principale di una flotta sia quella di riparare le auto e fare i tagliandi, ma non è così. Oggi noi possiamo contare su differenti competenze e realtà: dalle realtà multiservice alle officine mobili, ma anche un network di installatori di telematica, fino agli allestitori e concessionarie per la gestione di richiami e garanzie. Il nostro compito è quello di racchiudere vari fornitori in base al budget e ai tempi concordati con il cliente, dopodiché garantire che ogni tassello faccia la sua parte nei tempi e nei modi stabiliti.
Lavorare con una flotta vuol dire lavorare principalmente con auto nuove o quasi, quali sono le caratteristiche di questo tipo di lavoro rispetto al parco circolante italiano?
Simone Guidi: Prima di rispondere è necessario spiegare bene la nostra attività, perché all’interno della gestione delle flotte, una quota importante del nostro business arriva da quelli che le flotte definiscono “special deals”, ovvero quelle attività più problematiche che da una parte garantiscono margini più alti, ma dall’altra hanno bisogno di un maniacale controllo dei processi.
Un esempio è rappresentato dalla gestione che facciamo assieme a LeasePlan per i veicoli di Amazon. Questo tipo di attività di solito rappresentano tra il 15 e il 20% dei veicoli di una flotta, ma sono quelli a più alta complessità.
Questo tipo di mestiere porta vantaggi per tutti, perché di fatto è una nicchia con una redditività superiore alla media, ma bisogna essere attrezzati. Per fare un altro esempio concreto oggi per CSM 360 gli interventi su veicoli elettrici rappresentano il 30% degli eventi che gestiamo. È chiaro che questo fatto modifica radicalmente il tipo di interventi e le strutture con le quali ci relazioniamo. Per esempio per noi è fondamentale, anzi è un prerequisito minimo per far parte del network, avere almeno due tecnici certificati PES/PAV, oltre ad avere almeno due colonnine di ricarica (una interna e una esterna) e tutta l’attrezzatura per lavorare su impianti ad alto voltaggio. Oggi stiamo introducendo anche i percorsi sulla diagnosi e manutenzione delle batterie come prerequisiti obbligatori, perché la realtà che noi vediamo si discosta notevolmente da quello che circola per le strade.
Abbiamo parlato di ricambi e problemi di approvvigionamento, un problema comune a molti, quali soluzioni adottate voi?
Simone Guidi: In primo luogo la trasparenza. Anche nel mondo dell’approvvigionamento ricambi noi tracciamo tutti gli stati di un ordine: da cosa è disponibile alla data dell’ordine fino a quella di ricezione da parte della struttura. Senza contare che gestiamo sia ricambi originali (fondamentali per il mondo carrozzeria) sia aftermarket, con problematiche differenti ma sempre impattanti. Con l’originale, ad esempio, ritengo che oggi il sistema distributivo sia totalmente disallineato dalla realtà. Non è possibile pagare per un prodotto che non ha una data precisa di consegna, eppure è ciò che accade quando si richiede un’urgenza. Ugualmente con l’aftermarket non è possibile non avere una certificazione assoluta in termini di prodotto, abbiamo bisogno di certezze.
Detto questo, la nostra forza è quella di conoscere molto bene i canali di approvvigionamento, quindi riusciamo sempre a trovare una soluzione per la fornitura, anche qualora comprenda dei ricambi usati nel caso il nuovo sia introvabile. Ovviamente, in questo come in tutte le nostre attività, tracciamo tutto e informiamo in tempo reale i nostri clienti, facendoci approvare telematicamente tutte le variazioni.