Opinioni | 30 Aprile 2020 | Autore: Tommaso Caravani

Se si buca l’ozono
Il prossimo futuro, lo abbiamo e lo hanno scritto in molti, vedrà cambiare notevolmente le modalità di trasporto delle persone e nasceranno sicuramente molti nuovi business legati a questi cambiamenti.
Il primo, quello più evidente, è legato alla sanificazione, che è differente dall’igienizzazione ma sembra che nessuno ci faccia troppo caso, di auto e mezzi di trasporto.

Sul come effettuarla esistono più trattati scientifici, politici e commerciali che auto da sanificare. Un punto certo però c’è: l’ozono è una delle tecnologie autorizzate dal Ministero della Salute, tra l’altro in una ordinanza molto precedente al Covid-19.
Oltretutto, l’utilizzo dell’ozono per la sanificazione, rappresenta un’ottima opportunità di business: l’apparecchiatura non rappresenta un investimento impossibile (sempre più si possono anche noleggiare) e il trattamento non prevede la permanenza di un operatore durante il ciclo che comunque dura in media poco più di un quarto d’ora.
È quindi normale che tutto il mondo dell’autoriparazione si sia gettato su questo servizio, per usare un modo di dire che piace ai giovani potremmo dire che “sanificazione is the new ricarica del climatizzatore”.

Eppure, come in tutti i mercati dove la domanda supera eccessivamente l’offerta, esistono alcune criticità.
Fino allo scorso febbraio, infatti, un autoriparatore aveva al massimo un’apparecchiatura per effettuare la sanificazione con ozono e nonostante questa tecnologia stesse già riscuotendo un discreto successo, rimaneva un servizio di nicchia.
Oggi, per far fronte alla richiesta, ogni operatore dovrebbe avere più attrezzature che lavorano in contemporanea perché la platea della richiesta si sta ampliando notevolmente.
Molti autoriparatori poi ritengono indispensabile sanificare l’auto sia in entrata sia in uscita. Nel primo caso per tutelare la propria salute o quella dei dipendenti, nel secondo quella del cliente.
Ma la domanda è destinata a cresce esponenzialmente: le società di noleggio avranno la necessità di sanificare l’auto non solo per la manutenzione e riparazione, ma anche per le fasi di presa e consegna dei veicoli; le concessionarie idem sia per il nuovo sia per il ritiro dell’usato; le aziende con un proprio parco veicoli, ma anche a noleggio, e la gestione di tutti i mezzi ad affidamento promiscuo; infine i privati che sicuramente inizieranno a richiedere questo servizio anche in assenza di altre necessità riparative.

Insomma, se durante il lockdown l’offerta è stata quasi saturata dalle sole necessità dei mezzi di soccorso e pubblica utilità, è evidente che alla riapertura ci sarà un’esplosione di richieste.
Il problema, come è stato all’inizio della pandemia con le mascherine, è che l’offerta non copre assolutamente la domanda. Ad oggi i tempi di attesa di tutti i produttori si stanno allungando e il numero delle richieste continua a salite. Non solo meccanici, carrozzieri e gommisti, anche specialisti del vetro, levabolli, società di servizi per la mobilità. Tutti richiedono attrezzature per la sanificazione, senza contare che probabilmente nel prossimo futuro vedremo nascere varie attività dedicate solo a questa attività con servizi personalizzati. Primo tra tutti: la sanificazione a domicilio.

Imprenditorialmente, però, ci sono anche alcuni rischi di gettarsi a capofitto in questa attività. Cerchiamo di vederli e analizzarli.
Il primo è legato ai costi, perché è indubbio che anche i costi delle attrezzature possano crescere. Nel libero mercato l’incontro di domanda e offerta tende sempre a trovare un suo punto di equilibrio (e siccome ci sono più produttori di “ozone maker” non si rischia neanche lo scenario di un monopolio). Ma se il costo delle attrezzature aumentasse dovrebbe crescere anche il prezzo del servizio, vista la domanda che ci sarà al momento questo punto potrebbe non essere critico. Anche se già oggi alcune società di noleggio hanno difficoltà a riconoscere la sanificazione dei veicoli in entrata nelle strutture riparative preoccupandosi solo di quelle in uscita e questa doppia sanificazione sarà difficile da addebitare anche ai clienti privati.

In secondo luogo, bisognerà stare attenti ai prodotti che si utilizzano. Con l’eccesso di domanda il mercato probabilmente sarà invaso da attrezzature a basso costo e molte realtà industriali potrebbero lanciarsi perciò nella produzione di questi macchinari. Diamo per scontato che tutti i prodotti immessi sul mercato siano a norma di Legge, ma sicuramente buttare un occhio sulle certificazioni del fornitore e sulla tracciabilità dei prodotti sarà fondamentale per evitare problemi.

Bisogna poi tenere conto del mercato. Se la domanda sarà molto alta, infatti, il rischio è che si crei una bolla speculativa: moltissime società offriranno un servizio, ma dopo il picco inziale di richieste la situazione potrebbe di nuovo normalizzarsi, specie se effettivamente entro l’anno dovesse arrivare un vaccino. Il rischio è quello di non coprire gli investimenti con gli incassi.
Tutte considerazioni che ripercorrono esattamente quello che è successo con le mascherine chirurgiche di protezione individuale, che però hanno subito un ulteriore colpo: il calmieramento dei prezzi. Un’ipotesi che non voglio pensare possibile sulla sanificazione, perché ucciderebbe la libera impresa e il concetto stesso di “mercato”. Tuttavia, essendoci un precedente, è bene tenerne conto.

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