Approfondimenti | 15 Marzo 2024 | Autore: Tommaso Caravani

​Come sta cambiando il mondo della carrozzeria?

Ospite alla prima edizione di Car Service Day, Jason Moseley CEO di IBIS, ci parla del mondo della carrozzeria a livello internazionale: criticità, opportunità, trend e sfide di un settore in trasformazione.


Si chiama IBIS, acronimo di International Bodyshop Industry Symposium, ed è un evento convegnistico mondiale, dove tutta l’industria del settore carrozzeria si incontra in una serie di meeting articolati in diverse tappe. IBIS ha dunque uno sguardo globale sul mondo della carrozzeria, dall’Asia agli Stati Uniti, passando per Europa e Africa.

Grazie a questa globalità, IBIS può vedere e leggere i trend del cambiamento in tutto il mondo: come, dove e perché questo settore sta cambiando. 
Con Jason Moseley, CEO di IBIS, cerchiamo di capire cosa succede nel nostro settore.

La prima cosa che colpisce partecipando agli eventi IBIS è che c’è un problema comune legato alla carenza di manodopera qualificata e alla difficoltà di attrarre le nuove generazioni; una problematica trasversale a livello mondiale. Ma andiamo con ordine, cercando di capire quali siano le leve del cambiamento in atto.

Quali sono i fattori chiave che stanno impattando nel settore della riparazione in maniera globale?
Sono cinque i trend di cambiamento che vediamo in tutto il mondo e presenti anche in Italia, paese che anche se con qualche piccola differenza è sta vivendo tutto ciò che sta accadendo negli altri paesi del mondo. Le problematiche, i temi e le sfide son infatti le stesse ovunque e l’unica differenza potrebbe essere legata alla fase attuale in cui si trova un paese rispetto a un altro.
Questi i cinque trend che abbiamo individuato e che sono connessi fra loro e influenzati l’uno dall’altro.

Il primo è legato al passaggio dal motore a combustione interna a quello elettrico. In che modo questo impatterà il lavoro in carrozzeria? Innanzitutto dobbiamo considerare che cambia il modo di lavorare, perché sono diversi i parametri e le informazioni che il riparatore deve avere. 
Sicurezza nell’intervento, investimenti, comprensione e conoscenza della materia. Questo a sua volta ha un impatto sugli altri trend, quali la specializzazione; la tipologia di lavorazioni e di lavoratori chiamati a svolgerla; i costi della riparazione per un veicolo tecnologicamente più complesso; i rapporti tra assicurazioni, costruttori e carrozzerie e la filiera della fornitura ricambi.

In molti paesi europei circa il 30% delle riparazioni vendono ritardate a causa della mancanza del materiale e dei ricambi.
Il problema della supply chain sarà sempre più forte, a causa dell’esplosione di nuovi brand di costruttori asiatici che stanno entrando nel mercato con i loro veicoli elettrici; in particolare i brand cinesi.

Parliamo del problema della manodopera: quali sono le esigenze e le soluzioni possibili?
Il problema principale è proprio la carenza di personale qualificato. Una situazione che come dicevamo è trasversale in tutti i paesi: il problema non è quello degli spazi o delle attrezzature necessarie, che sicuramente richiedono investimenti, ma il problema vero è il personale che non si trova. E al momento non si può farsi aiutare nemmeno dalla tecnologia, nel senso che l’Intelligenza Artificiale non ripara le auto.
 
Cosa dobbiamo fare? Abbiamo diverse sfide da affrontare.
La prima è l’immagine del nostro settore: è ancora considerato un’industria di serie B, un lavoro di basso profilo, dove ci si sporca, dove i genitori non vorrebbero veder lavorare il proprio figlio o figlia. Ma la realtà oggi è ben diversa, abbiamo attività imprenditoriali molto avanzate, ci sono associazioni e realtà che stanno cercando di far cambiare questa visione del settore. Dobbiamo fare in modo che cambi la percezione di questo lavoro fra le persone.

La seconda cosa è la possibilità di offrire un lavoro qualificato e dove si possa far carriera, così che le persone (i giovani in particolare) siano invogliate a restare in questo ambiente. Ciò che succede oggi è che anche quando riusciamo ad attrarre personale poi lo perdiamo. 
Dobbiamo capire che soprattutto le nuove generazione hanno un approccio diverso al mondo del lavoro e cercano qualcosa di differente da quello che volevamo noi. Noi dobbiamo offrirglielo se vogliamo risolvere questo problema.
Un esempio che posso fare è quella di una delle più grandi - se non la più grande - rete di riparazione nel mondo, la statunitense Calaba, che ha circa 1.500 carrozzerie affiliate, che per risolvere il problema ha sviluppato un proprio programma, ha creato cioè una scuola interna per formare i propri dipendenti, per farli crescere.

Parliamo del processo riparativo e della specializzazione: quali sono le tendenze in atto?
È ovvio che senza investimenti e un business plan adeguato le carrozzerie tradizionali non saranno in grado di andare avanti. È necessario avere una visione del futuro e studiare delle strategie anche di investimento. 

Non è pensabile che nel futuro una carrozzeria potrà essere in grado di riparare qualsiasi modello di vettura di qualunque brand, perché saranno troppo diverse l’una dall’altra a livello tecnologico e questo richiede una specializzazione sui singoli brand. Ciò significa che solo strutture molto grandi e strutturate potranno intervenire su più brand o dovranno comunque trovare una strada di collaborazione con altre realtà.

Quando pensa che un simile scenario diventerà realtà? Cioè quando l’elettrificazione avrà preso così tanto piede da condizionare davvero fortemente il settore della riparazione?
La strada dell’elettrificazione è intrapresa, lasciando perdere qualsiasi polemica a livello della sua validità per la tutela dell’ambiente, possiamo solo dire che oramai siamo andati troppo avanti per tornare indietro. Il quando ancora non lo sappiamo, ma la trasformazione è in atto.

La cosa positiva è che in questo momento ci sono grandi opportunità per le carrozzerie che vogliono rilanciarsi ed evolvere sull’onda di questi cambiamenti, ma chiunque voglia cogliere questa occasione ha necessità di avere un piano per raggiungere i nuovi obiettivi, una strategia, avere ben in mente i tempi e i modi per affrontare le sfide del cambiamento.

Le nuove realtà che si svilupperanno avranno sicuramente un potere contrattuale maggiore nei confronti delle flotte e delle assicurazioni, perché saranno altamente specializzate e avranno le capacità, le tecnologie e gli strumenti per farlo.
In questo, ad esempio, i network e le associazioni possono fare tante per accompagnare le carrozzerie in questo percorso, perché hanno una strategia, un piano.

Parlando a un livello più concreto e operativo, abbiamo parlato di costi della riparazione. Come cambieranno?
Oggi le carrozzerie hanno l’opportunità di fissare un costo adeguato in base ai parametri di sicurezza e qualità richiesti dalla riparazione. 
Prima di fare un preventivo di massima dobbiamo chiederci quale sia il processo riparativo da seguire, quale la procedura adeguata per eseguire un intervento in sicurezza. Solo una volta stabilito questo si può spiegare al proprio cliente, flotta o assicurazione, quali sono i costi per eseguire una riparazione corretta rispetto ai parametri di casa auto e in totale sicurezza. Solo a questo punto si può fare una stima e un preventivo reale.
 
Stabilire l’approccio alla riparazione è prioritario. Questo permetterà di dare un valore anche a tutte le operazioni che vengono fatte e che al momento non sono conteggiate nei preventivi, ad esempio la diagnosi pre e post intervento, e potranno essere quantificati nelle stime del danno da riparare. 
Ad esempio in Gran Bretagna è aumentato il costo della manodopera perché queste tecnologie sono state implementate nel processo di lavoro e questo ha permesso ai carrozzieri di farle pagare.
Possiamo dire che oggi abbiamo a disposizione numerosi strumenti tecnologici che possono aiutare molto il lavoro dell’autoriparatore, ma non bisogna dimenticare che la prima cosa da mettere a punto è il processo lavorativo.

In cosa le carrozzerie in Italia sono diverse rispetto a quelle nel resto dell’Europa. In particolare, qual è la situazione del costo orario medio della manodopera in Europa e come si posiziona l’Italia?
Il costo medio della manodopera in Italia è nel range più basso, ma non è il più basso in assoluto. Ad esempio in Spagna è decisamente molto basso (circa 26/28 euro), mentre in Francia è piuttosto alto. Diverso il caso della Gran Bretagna, dove per anni il mercato è stato dominato dalle assicurazioni, che avevano compresso molto il costo della manodopera, ma oggi la situazione è cambiata e per questo ritengo sia un buon esempio da cui imparare. Con l’avvento della tecnologia hanno alzato i prezzi e oggi la media è di circa 60 euro all’ora, che corrisponde alla media europea.

Nello specifico, in cosa possiamo dire che le carrozzerie in Italia siano diverse?
Il mercato italiano non è poi così diverso, ma dovessi dire una cosa è sicuramente il metodo di conteggio delle ore e della stima dei danni. Questa differenza è più di tipo culturale però, perciò siamo di fronte a un cambiamento sicuramente necessario, ma che sarà lento. C’è bisogno di maggior trasparenza, un sistema chiaro che aiuti sia le carrozzerie sia i loro clienti a capire i preventivi. 

Il mercato automotive in Italia è molto forte e questo sicuramente rende diverso il peso di questa industria rispetto ad altri paesi. 
È importante però considerare il cambiamento non come una minaccia, ma come un’opportunità. Sicuramente il mercato si muove verso lo sviluppo di grandi centri multiservice, ma questo è possibile solo se si hanno dei progetti ben chiari, un piano di sviluppo, una visione, per affrontare le sfide che ci sono e che sono reali.

Il numero di carrozzerie in Italia è molto elevato, mentre in altri paesi non è così; pensi che questa situazione cambierà?
Sicuramente in Italia ci sono molte carrozzerie, non posso dire se sono troppe, ma sicuramente questa situazione cambierà. Questo perché per rispondere alle sfide del mercato sono necessari investimenti economici, nuove risorse intellettuali, tante cose cambieranno e per rimanere competitivi sono necessari dei passi che non tutti sono in condizioni o hanno voglia di affrontare.

Faccio riferimento ad esempio a un’indagine che è stata condotta presso carrozzerie in tutta Europa: alla domanda se a fronte di un’offerta adeguata avrebbero venduto la loro attività, il 50% ha risposto affermativamente. 
La mia opinione è che chi non ha voglia di affrontare queste sfide e cambiare è meglio che rifletta seriamente sul fatto che forse è arrivato il momento di ritirarsi.


Nella foto di apertura: Jason Moseley CEO di IBIS.

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Tags: carrozzeria IBIS

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