Opinioni | 10 Marzo 2023 | Autore: Tommaso Caravani

L'editoriale di Tommaso Caravani: "Si gioca col fuoco"
Nel mondo automotive, negli ultimi anni, c’è una tendenza che indica nella canalizzazione il futuro del settore. Probabilmente c’è del vero in questa affermazione, più che altro perché, secondo molti, cambierà la mobilità con l’avvento delle nuove tecnologie.
Eppure, molta confusione ruota attorno ai soggetti che saranno i protagonisti di questa tendenza.

È indubbio che il proprietario di un veicolo possa scegliere dove, come e quando effettuare la manutenzione o le riparazioni del proprio mezzo. Per questa ragione, spesso, si parla anche della canalizzazione dei noleggiatori di auto: sono loro i proprietari e, nonostante numeri importanti di auto possedute, possono liberamente scegliere dove e come far riparare il proprio veicolo.

L’indotto del noleggio sul mondo dell’autoriparazione è importante, perché, a differenza dei singoli cittadini, generalmente queste realtà organizzano il lavoro in maniera pianificata (a volte) e comunque effettuano tutte le manutenzioni e le riparazioni necessarie a conservare il valore del mezzo. Per il noleggio, infatti, molta parte del business è proprio nella compravendita dei mezzi: mantenerne il valore fa la differenza tra guadagnare e andare in perdita.

Spesso poi, chi possiede grandi parchi auto, si affida a gestori esterni e anche in questo caso non ci sono problemi sulla legittimità di questa scelta: verificare i lavori svolti, organizzare la canalizzazione e tutto quello che comporta la gestione di un mezzo è un lavoro; se qualcuno decide di esternalizzare questa attività sono fatti suoi.
Anche sulle tariffe che il noleggio paga al mondo della riparazione, a mio avviso, c’è poco da dire, nonostante le poche polemiche. Quando qualcuno vuole pagare poco, infatti, esistono solo due soluzioni possibili: lavori svolti meno accuratamente o una controparte disposta a lavorare in perdita. Entrambi i casi ricadono nel mondo della trattativa imprenditoriale e ognuno si assume liberamente il rischio.

Tutto bene quindi? Non troppo, perché ovviamente l’appetito vien mangiando e molte aziende, dai fornitori di servizi fino a gruppi di autoriparazione, guardano con crescente attenzione alla canalizzazione del settore assicurativo. Ovvio, verrebbe da dire, il parco auto gestito dalle assicurazioni è enorme (la quasi totalità della copertura RC Auto è gestita da un pugno di operatori) e se queste ultime avessero il potere di decidere dove le auto andrebbero riparate più di uno penserebbe di poter fare affari d’oro. Non è così. Primo, perché la canalizzazione assicurativa è una chimera: la Legge sulla Concorrenza del 2017 aveva integrato il Codice delle assicurazioni inserendo – all’art.148 n. 11 bis – la dicitura per cui “resta ferma per l’assicurato la facoltà di ottenere l’integrale risarcimento per la riparazione a regola d’arte del veicolo danneggiato avvalendosi di imprese di autoriparazione di propria fiducia”. Secondo, perché il soggetto assicurativo nell’RC Auto lavora per conto del proprietario del mezzo, operando per suo conto il risarcimento di un danno da lui stesso causato.

Certo, poi sul mercato esistono ancora molte polizze che contengono delle clausole (non a caso dette “vessatorie”), che prevedono decurtazioni di risarcimenti se non viene scelta la canalizzazione presso le carrozzerie convenzionate, ma si tratta di clausole che non hanno valore legale. Ma se anche per assurdo volessimo immaginare che la canalizzazione fosse possibile per le compagnie, siamo davvero sicuri che a fronte di volumi così importanti in mano a pochi operatori ci sarebbe la facoltà di fare affari d’oro per gli altri?

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Tags: rc auto assicurazioni flotte

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