Approfondimenti | 02 Marzo 2018 | Autore: Alessandro Margiacchi

Ricostruire per Riparare: una “scossa” di solidarietà

Nato subito dopo il tragico terremoto che nel 2016 ha colpito il centro Italia, Ricostruire per Riparare continua ancora oggi la sua marcia a favore di tutti gli autoriparatori che hanno subito grandi danni da queste catastrofi. Abbiamo intervistato la mente di questo importante progetto, Renato Gallo.
 

Da quando era solo un’idea, oggi Ricostruire per Riparare continua la sua marcia con un obiettivo ben preciso: essere al fianco degli autoriparatori, ovunque essi si trovino. Il progetto, nato nell’estate del 2016 in occasione del sisma che ha colpito il centro Italia, vuole essere un aiuto concreto per tutti gli autoriparatori.
Per farci raccontare come è nato questa importante iniziativa, e la sua evoluzione, abbiamo sentito l’anima del gruppo Alma 2000 e la mente di Ricostruire per Riparare, Renato Gallo.
 
Signor Gallo ci racconta come nasce l’idea di Ricostruire per Riparare?
Era agosto 2016, tutti i canali televisivi mandavano in onda immagini di quanto era successo nel centro Italia. Ricordo che i miei amici della protezione civile mi chiamarono. In un primo momento pensai che avessero bisogno di un mio aiuto per riparare dei veicoli, invece mi sbagliai. Mi contattarono per invitarmi a una raccolta fondi a Torino, in Piazza San Carlo, a favore dei terremotati.
Più in dettaglio, si trattò di un evento culinario in cui fu servito il piatto tipico del comune di Amatrice: un’amatriciana. Fu un grande successo, basti pensare che furono preparati 7.000 piatti e raccolti 49.000 euro di donazioni.
Mi sono sentito chiamato in causa, sentivo di dover far del bene. Di conseguenza io e tutto il comitato, abbiamo deciso di scendere in campo, portando la nostra voce nelle principali fiere di settore come Transpotec, Autopromotec e Automotoretrò.

Avete avuto modo di recarvi nelle aree colpite dal sisma?
Sì, siamo stati ad Amatrice. Abbiamo voluto vedere con i nostri occhi ciò che le televisioni trasmettevano. Una volta sul luogo, abbiamo capito l’importanza del nostro progetto visto le condizioni in cui ci siamo trovati. Per questo voglio far capire a tutto il settore automotive e alle istituzioni, che in quelle zone ci sono persone che in poche ore hanno perso molto, se non tutto: hanno bisogno di noi.
Una volta tornato a Torino, tutto il comitato promotore ha capito che Ricostruire per Riparare non poteva fermarsi solo a questa circostanza, ma che sarebbe dovuta intervenire tutte quelle volte che si fosse verificata una catastrofe del genere.
Mi piace definire Ricostruire per Riparare come uno strumento che grazie al contributo del singolo può fare molto.
 
Quali sono stati i riscontri della filiera?
Senz’altro positivi. Ci tengo, infatti, a ringraziare tutte le istituzioni che ci hanno supportato, Federperiti, GiPa, ACI, Automotoretrò, AkzoNobel, tutto il comitato e i media. Inoltre, grazie ad alcune kermesse di settore che ci hanno ospitato, siamo riusciti a raggiungere l’interesse di molte persone.
Altre risposte positive sono arrivate in occasione della raccolta fondi del Villaggio Solidale in Corso Belgio a Torino e anche grazie ad aperitivi solidali come è avvenuto, per esempio, in occasione dell’ultimo Automotoretrò soprattutto per farci conoscere.
Il settore automotive da sempre è composto da realtà solidali tra di loro. Se ci pensiamo bene tutti noi lavoriamo per garantire sicurezza agli automobilisti: siamo tutti complementari. Alla fine con grande passione ripariamo e costruiamo macchine: solo unendo le nostre forze possiamo davvero fare la differenza.
Non chiediamo molto, chiediamo più supporto e soprattutto maggiore sensibilizzazione su questo tema.
 
Qual è il prossimo passo?
Recentemente ci siamo trovati a Fiumicino, qui abbiamo allargato il comitato promotore e abbiamo dato il benvenuto a nuovi soci, che hanno sposato con entusiasmo questa iniziativa.
L’incontro è stato un momento essenziale per la ricerca di soluzioni comuni, facilmente applicabili e ripetibili per promuovere la solidarietà tra tutti gli attori della filiera dell’autoriparazione, per fronteggiare le avversità che negli ultimi anni si ripetono con preoccupante frequenza.
Ora stiamo ponendo le basi per costituire una Onlus. Ricostruire per Riparare, infatti, non si ferma al terremoto del 2016, vogliamo attivarci tutte le volte che si verifichi un terremoto, un’alluvione o una qualsiasi tragedia ambientale.
Inoltre, puntiamo ad avere una persona di riferimento per ogni regione. In poche parole, pensiamo di creare una rete di “sentinelle” locali che facciano capo alla Protezione Civile di competenza.
 
Come siete organizzati per le donazioni?
Già da qualche mese è partito il crowfunding sulla piattaforma Starteed Group: un’eccellenza già nota sul territorio e che ha lavorato sul versante della raccolta fondi per i terremotati. Quando iniziammo a pensare su come raccogliere le donazioni abbiamo iniziato a vedere le prime difficoltà. Avevamo bisogno di velocità, di un sistema rapido diverso dal semplice bonifico via Iban.
Visto queste problematiche, abbiamo iniziato a guardarci intorno e, analizzando cosa avessero fatto alcuni nostri predecessori, abbiamo scelto Starteed Group. Ci tengo a sottolineare che questa piattaforma rende visibile l’andamento della campagna sul proprio sito. Tutti i dettagli sono consultabili sul sito www.ricostruireperriparare.starteed.com e le offerte possono arrivare sia dai cittadini sia dalle imprese. Dal canto suo, Ricostruire per Riparare, rilascia una regolare ricevuta della donazione; l’impresa che donerà riceverà invece una regolare fattura detraibile dall’utile ai fini fiscali.

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Tags: ricostruire per riparare

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