Opinioni | 03 Agosto 2016 | Autore: Tommaso Caravani

Guida autonoma e carrozzieri: non mettiamo la testa sotto la sabbia


La guida autonoma distruggerà il lavoro in carrozzeria? È questa la provocazione lanciata dal blog de il carrozziere a cui rispondo volentieri con qualche riflessione




Secondo alcuni la guida autonoma sarà la fine delle carrozzerie per come le conosciamo. Secondo altri, invece, sicuramente ci sarà un forte impatto sull’autoriparazione, ma è prematuro parlare di fine dei sinistri, anche alla luce degli ultimi incidenti che hanno coinvolto due Tesla (in questo caso e in quest'altro)  con guida autonoma negli Stati Uniti. È questa la posizione pubblicata dal blog de "Il Carrozziere"

La riflessione è semplice: un conto è ipotizzare la guida autonoma in una strada senza traffico, magari un'autostrada, un’altra è calare tale tecnolgia nel traffico impazzito di una città italiana, dove, tra l’altro, la segnaletica stradale fa pena così come lo stato dell’asfalto. Tutte cose certamente vere che renderanno difficile il corretto funzionamento della guida autonoma in breve tempo.

Eppure.

Eppure, ci sono due correnti di pensiero per quel che riguarda la guida autonoma. Da una parte ci sono le case automobilistiche, che prevedono un percorso piuttosto lungo (comunque si parla del 2025, non proprio tra 50 anni) per arrivare alla guida autonoma. I primi test prevedono effettivamente l'attenzione "umana", anche perché legilsativamente il guidatore è ancora responsabile di eventuali danni. Nel periodo di “evoluzione”, quindi,  le auto diventeranno man mano sempre più intelligenti, con automatismi sempre più sofisticati (il cruise control adattivo è montato anche sulla VW Passat, non propriamente una supercar), ma richiederanno sempre l'intervento del pilota. Facciamo un esempio: se i sensori indicano che l'attrito sulla strada è basso, ad esempio perché il fondo è bangato, già sui prototipi di oggi si richiede l'intervento umano.
Con questa evoluzione ci sarebbe un lungo periodo di sovrapposizioni, in cui auto a guida autonoma e semiautonoma circolerebbero con auto tradizionali, con tutte le problematiche del caso e il numero di sinistri che sicuramente si ridurrebbe ma ovviamente non sparirebbe.

Veniamo ora a quello che potrebbe essere uno scenario leggermente differente. Se invece di chiamarci Daimler, BMW o Toyota ci chiamiamo Apple o Google l’approccio che abbiamo al mercato è completamente differente. Quando queste aziende, pensiamo ad Apple, hanno presentato il primo smartphone (ok il primo smartphone probabilmente lo hanno fatto Palm e BlackBerry ma non sottilizziamo) hanno fatto qualcosa di differente. Nel giro di pochissimo tempo il mondo della telefonia è cambiato repentinamente: gli smartphone hanno impiegato pochissimo a diffondersi e i telefoni tradizionali sono spariti praticamente nel giro di un anno.

Si chiamano tecnologie disruptive in grado cioè di distruggere un mercato precedente.
Ecco, le analisi di Google e di Apple vanno proprio in questa direzione. La Google Car non ha nulla a che vedere con un auto tradizionale. Già nella forma assomiglia più a un quadriclo che a una macchina per come la consociamo. Ma quello che potrebbe cambiare drasticamente è il modello di business. Non più auto di proprietà ma una comodity in cambio di informazioni. Così come la mail, un tempo a pagamento e oggi universalmente gratuita, i software, o le formule di abbonamento ai piani tariffari dei telefonini che di fatto comprendono anche lo smartphone. L'auto potrebbe essere proposta gratuitamente in cambio di informazioni pesonali, di un abbonamento assicurativo. Potrebbe non essere più di proprietà ma condivisa con un canone annuale (Smart con CAr2Go ha già un numero considerevole di clienti nelle grandi città) o data in comodato in mille altri modi.

In questo caso il cambiamento sarebbe repentino, e molti probabilmente potrebbero cambiare il proprio approccio all'automobile: non più status da possedere e sfoggiare ma comodity di servizio.
Ecco, secondo molti analisti americani c’è la possibilità che l’auto a guida autonoma possa arriare sul mercato come una tempesta, e distrugga il mercato tradizionale così come Uber ha distrutto quello dei tassisti (almeno negli stati uniti).
Ne ha parlato recentemente Carlo Ratti del Mit di Boston all’Autopromotec Conference 2016 e il quadro che ha mostrato è stato piuttosto inquietante.

Certo, non tutto potrà essere eliminato nel danno alle auto: dai fenomenici atmosferici agli atti vandalici, ma sicuramente i sinistri saranno destinati a calare drasticamente. Resta una speranza: se è vero che le auto a guida autonoma, probabilmente “andranno” a farsi riparare da sole, chi controllerà le informazioni controllerà anche la riparazione. Prepararsi al futuro vuol dire, oggi, investire in nuove tecnologie, saper riparare gli ADAS e iniziare a ragionare che se l’auto fosse un telefonino.

La mia può sembrare un canto a morte per tutta l’industria della riparazione, ma non vuole esserlo, perché credo che nel mondo dell’auto ci sarà sempre più bisogno di professionisti competenti. Quindi piuttosto che sperare in una grandinata o in un sinistro, bisognerebbe iniziare a investire e pensare la propria azienda in maniera nuova, per evitare che il futuro ci travolga.

 

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Tags: guida autonoma

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