Il passaggio generazionale come opportunità per trasformare la propria azienda in un’impresa manageriale: la gestione dei processi, la capacità di collaborare e comunicare, l’analisi delle attività, la condivisione di un business plan. Ecco qualche consiglio su come affrontare questo delicato momento nella vita di tutte le imprese familiari.
Ho iniziato ad occuparmi di formazione e coaching nelle aziende di autoriparazione circa 12 anni fa grazie a una combinazione di eventi che si sono presentati nella mia attività.
Come psicologo non avevo mai lavorato precedentemente in questo ambito fino a che, una multinazionale che si occupava di vendere vernici all’interno delle autocarrozzerie, mi chiamò e mi chiese di progettare un corso di comunicazione, leadership e gestione delle risorse umane pensato per questo tipo di realtà.
L’intento del corso era quello di dare degli strumenti di gestione dei collaboratori, molto sentito e soprattutto richiesto, non solo in quel settore ma anche in tanti altri contesti professionali.
Comunicare e collaborare per il bene dell’impresa
Durante i corsi in aula, molti partecipanti (titolari di autocarrozzerie) manifestavano sempre lo stesso problema e cioè la difficoltà del passaggio di consegne da parte dei titolari, creatori delle proprie realtà, ai loro eredi e/o successori.Spesso questo tipo di società nascevano come aziende artigianali, perché nella sostanza lo erano, e sarebbero dovute, e in realtà lo sono, diventare imprese più strutturate, con processi di lavoro più complessi e differenziati, questo grazie all’importante aumento del lavoro e soprattutto, alla necessità di inserire all’interno personale maggiormente specializzato.
Quindi, a tal proposito, iniziarono ad arrivare richieste di intervento diretto nelle autocarrozzerie e non solo, per aiutare gli imprenditori a migliorare la loro capacità di gestione dei collaboratori e soprattutto a migliorare la comunicazione e il senso di appartenenza degli stessi all’interno dell’organizzazione che spesso era carente, in quanto gli stessi titolari non avevano la complicità che si richiedeva a chi voleva costruire una vera e propria squadra di lavoro che remasse nella stessa direzione.
Il passaggio generazionale: un bene necessario
Durante i miei interventi in aula con il personale e gli interventi individuali con gli imprenditori, mi accorsi della difficoltà del passaggio generazionale e di tutte le sue implicazioni, non solo gestionali come una leadership conflittuale, ma soprattutto psicologiche da parte dei fondatori delle aziende, che non avevano nessuna intenzione di attivare un passaggio di consegne fluido e funzionale, per paura molto spesso di perdere il controllo dell’attività, ma soprattutto di perdere la propria identità professionale che li aveva caratterizzati. Questo ostacolo, in breve, divenne il principale problema da trasformare.Per proseguire il discorso vorrei intanto rispondere a una domanda: ma questo modello di gestione funziona ancora?
Prima di rispondere è importante anche fare una premessa, questi imprenditori di grande volontà e molto intraprendenti, hanno costruito nel tempo, modelli aziendali in grado di imporre l’Italia nel mondo, hanno plasmato a propria immagine e somiglianza imprese che sono diventate la fortuna di interi territori, hanno trasformato le loro intuizioni in macchine perfettamente operative, nonostante la mancanza di specifiche competenze finanziarie, gestionali o organizzative.
Per cinquant’anni gli imprenditori-fondatori, veri e propri totem nei confronti delle loro aziende, hanno prosperato senza bisogno di operare sostanziali cambi di rotta sul modello di gestione piramidale costruito intorno a loro stessi.
Oggi però non è più possibile: le crisi e i cambiamenti da mettere in atto sono più repentini, l’attenzione ai margini economici richiede un’efficienza superiore che si può generare aumentando le dimensioni dell’organizzazione e soprattutto acquisendo maggiori competenze manageriali, delegando le iniziali competenze tecniche ai collaboratori che verranno successivamente coinvolti nel progetto aziendale.
Per tranquillizzare i lettori e gli addetti ai lavori, questo cambiamento, e cioè la managerializzazione (inserimenti di responsabili nei vari reparti), non significa snaturare il patrimonio culturale dell’organizzazione, ma semplicemente cominciare a strutturarsi e ad aprirsi al nuovo.
Come gestire bene il passaggio generazionale
Come gestire il passaggio generazionale in azienda? La transizione non può essere un semplice passaggio di consegne alla generazione successiva, perché possono nascere attriti tra una gestione portatrice di nuove idee in cerca anche di legittimazione e uno storico management che vuole difendere lo status quo.Il passaggio di consegne sarebbe opportuno farlo sul piano della gestione e quindi del management e sul piano delle idee imprenditoriali da implementare, tenendo sempre in considerazione gli aspetti privati psicologici e familiari.
È importante definire in questo passaggio alcune regole di successione e cioè i requisiti di introduzione e partecipazione della famiglia all’interno dell’organizzazione, facendoli seguire da un percorso di affiancamento con un professionista per acquisire le necessarie competenze manageriali.
È chiaro che si dovrà attuare un processo di discontinuità con il passato, quindi le nuove competenze, che siano messe in atto da uno della famiglia piuttosto che da un interim manager, non potranno più essere implementate come si faceva un tempo.
Tutte le attività dovranno essere analizzate in maniera specifica, da lì in poi si dovrà condividere una strategia e redigere un business plan chiaro e leggibile da tutti, preparato da colui o da coloro che dovranno eseguirlo.
Tutto questo percorso potrebbe durare anche un periodo piuttosto lungo e potrà dirsi completato quando l’imprenditore e fondatore sarà definitivamente uscito dai processi decisionali.
Una gestione manageriale
In questa fase bisognerà individuare i vari reparti aziendali che dovranno essere gestiti da nuove figure manageriale altamente specializzate. L’obiettivo di questa transizione sarà quello di passare da una gestione di persone a una gestione di processi gestita da persone, con la possibilità di replicare il modello in altre filiali correlate alla prima nata.La figura di riferimento in questa fase, come già anticipato potrà, essere o una persona presente all’interno dell’azienda, preparata e con le adeguate competenze, oppure una figura altamente specializzata, con competenze psicologiche e manageriali che faccia da ponte alla fase di transizione.
Entrambe le figure dovranno parlare il linguaggio dei numeri e soprattutto dei processi, con un nuovo modello di comunicazione efficace a creare la giusta sinergia tra le parti. Questo nuovo modello dovrà essere considerato un riferimento e dovrà essere trasferito a tutti i membri dell’organizzazione.
Il responsabile o i responsabili dell’implementazione del nuovo modus operandi dovranno avere un atteggiamento improntato anche al rispetto e all’attenzione nei confronti delle persone alle quali avranno il compito di indicare la nuova strada da percorrere.
Serviranno competenze soft come: flessibilità, intelligenza emotiva e capacità di ascolto. Solo così l’azienda avrà la garanzia di una permanenza nel tempo che trascenderà il dato anagrafico del suo fondatore.
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